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FRA NEGAZIONISTI DEL CLIMA E NO-VAX, di Federico Francioni

Posted By cubeddu On 13 marzo 2021 @ 06:36 In Ambiente e Urbanistica,Blog,Cultura e Scuola,Stampa | Comments Disabled

Premessa – Negazionismo, fascismo e nazismo – A proposito di un articolo di Roberto Pecchioli – L’allarme sulle emergenze climatiche ed i collassi degli ecosistemi non ha fondamento alcuno, deriva da un non meglio precisato “complotto”? – In gioco è la sopravvivenza dell’umanità e la vita nel Pianeta – Quinto Tiberio Angelerio, medico calabrese impegnato ad Alghero nella lotta alla pestilenza del 1582-83 – Il grande illuminista lombardo Pietro Verri e la peste milanese del 1630 – Conclusioni.


Premessa. Prima dell’avvento dell’era digitale, chi voleva propinare tesi equivalenti, in effetti, ad autentiche castronerie – in lingua sarda esiste un vocabolo quanto mai efficace, istumbonada, “colpo di fucile di grosso calibro”, cioè, in ultima analisi, sparata – poteva, nella migliore delle ipotesi, rivolgersi ad una più o meno ristretta cerchia di amici, al bar o a su boteghinu de sa bidda. Con i supporti informatici, i social ed il web, è avvenuto un cambiamento antropologico epocale; non è superfluo ribadirlo: al piccolo gruppo dei compagni del bar, alla greffa, più o meno ampia, di adolescenti e de giòvanos (fèminas o màscios) e de betzos, in tzitade o in bidda, si è sostituita una platea illimitata, almeno potenzialmente.

Diciamo questo riprendendo quanto veniva detto e ben altrimenti argomentato da Umberto Eco, con l’acume che lo distingueva. Ve l’immaginate – qui facciamo solo un esempio – la soddisfazione del propagatore di istumbonadas, il quale intende affermare che quel tal scienziato, vincitore, putacaso, di un Premio Nobel per la Chimica, altro non è che un autentico cretinetti? Magari siffatte istumbonadas saranno ben volentieri riprese da un quindicenne che, col corredo di qualche immagine, le farà diventare ancor più virali, utilizzando i canali, anzi, le autostrade delle frottole, della menzogna e dell’odio, così adatte ad ingigantire razzismo, bullismo, sessismo ed ogni tipo di discriminazione, soprattutto a danno dei più deboli e delle minoranze oppresse.

Ma non dobbiamo disperarci, pensando anche al presente ed al futuro delle nuove generazioni: l’eminente sociologo catalano Manuel Castells ha dimostrato – nella sua monografia, significativamente intitolata Reti di indignazione e di speranza – che esiste anche un uso radicalmente alternativo dei social, quello cui hanno fatto ricorso in tanti – giovani e non – per combattere i regimi autoritari, nel corso della Primavera araba. Anche questo è solo un esempio per noi che facciamo riferimento all’impegno – nella controinformazione, nelle battaglie civiche e politiche per il riscatto e l’emancipazione del Popolo sardo – al sito della Fondazione Sardinia (così ben curato da Salvatore Cubeddu) o al blog della rivista “Camineras” (per non parlare di altri).

 

Negazionismo, fascismo e nazismo. Il cimitero di Praga, opera dello stesso Eco, ha esaminato – in un’efficace e profonda ricostruzione, solo in minima parte romanzata – i Protocolli dei Savi anziani di Sion: apparsi fra il 1901 ed il 1906, erano un falso confezionato dalla polizia zarista che aveva copiato ed alterato, fra l’altro, un testo francese dell’Ottocento, Dialogue aux enfers entre Machiavel et Montesquieu, pubblicato anonimamente nel 1864 da Maurice Joly. I Protocolli avevano il fine di distogliere il malcontento popolare dalla crisi economico-sociale e politica – legata a quella dello zarismo – e di incanalarlo invece in chiave antisemita; si voleva in proposito dimostrare l’esistenza di una congiura mondiale, messa a punto per assicurare il potere agli ebrei: non a caso i Protocolli, nel 1933, vennero ripresi in un libro di Alfred Rosenberg, teorico del nazismo.

Va altresì ricordato, per inciso, che Eco, nel Cimitero di Praga, fa riferimento anche ad Antonio Amedeo Vincenzo Manca, marchese di Mores (1858-1896) – discendente del duca dell’Asinara, famigerato feudatario oltranzista del Settecento sardo – il quale divenne leader riconosciuto dell’antisemitismo in Francia, ai tempi dell’affare Dreyfus (la vita del marquis de Morès, così venne chiamato Oltralpe, è stata oggetto della puntuale e documentata monografia dell’amico Antonio Areddu, pubblicata dalla casa editrice Condaghes nel 2018 nella collana, diretta dal sottoscritto, “Su fraile de s’istòricu-L’officina dello storico”).

Si è fatto riferimento ai Protocolli ed a quanto su di essi ha scritto Eco per sottolineare la forte connessione, ieri ed oggi, tra fascismo, nazismo e diffusione più o meno organizzata di fandonie, riguardanti la realtà delle emergenze climatiche e sanitarie.

 

A proposito di un articolo di Roberto Pecchioli. Si badi bene: non si vuole qui di seguito affermare che il singolo individuo, sincero sostenitore dei no-vax o negazionista in buona fede dell’emergenza climatica, sia in ogni caso, oggettivamente fascista o nazista. Il problema e complesso, ma chi scrive non è certo il primo a sostenere che un uso, un legame fra questi nodi e l’estrema destra esiste, eccome. Facciamo un esempio: un articolo di Roberto Pecchioli sulle emergenze climatiche e sull’Agenda 2030, comparso sul sito dell’Accademia adriatica di filosofia “La nuova Italia”, che ha un orientamento di destra, filofascista, se non proprio fascista.

Lo dimostra, fra l’altro, l’articolo di Francesco Lamendola, uno dei collaboratori, dal titolo Il partito del male che odia i morti dopo 75 anni. L’autore afferma che, dopo il 1945, proprio la nascita della Repubblica italiana ha segnato l’inizio “di una serie di menzogne storiche colossali”. In seguito, egli si scaglia contro la Resistenza e la Guerra di liberazione dal nazifascismo, considerate opera di un’orda di massacratori. La partecipazione dell’Italia alla Seconda guerra mondiale e la successiva catastrofe economica, militare e politica, non sarebbero da addebitare – secondo Lamendola – a precise responsabilità del regime fascista e di Benito Mussolini (che non vengono menzionati), ma ad una non meglio identificata “classe politica trasformista, corrotta, pavida e prona ai voleri dello straniero”, vale a dire gli angloamericani, considerati pseudo-liberatori.

Non devono ingannare le citazioni da Walter Benjamin e da Giorgio Agamben, proposte nel suo articolo da Pecchioli; oppure l’approccio, tipico di una certa destra radicale, che ha la pretesa e la velleità – strumentali – di muovere una critica al capitalismo tramite l’attacco agli interessi “dei grandi banchieri internazionali – così scrive Lamendola – che si nascondono dietro parole d’ordine simpatiche ed accattivanti e incantano le folle sfoderando improbabili messia come Greta Thunberg”. Insomma, i giovani di Friday for Future sono serviti. Quanto alle grandi masse, è evidente, sia per Lamendola, sia per Pecchioli, che si tratta di un popolo bue, ampiamente sviato ed ingannato dai poteri economici sovranazionali, dalla Massoneria e da altre organizzazioni occulte.

 

L’allarme sulle emergenze climatiche ed i collassi degli ecosistemi non ha fondamento alcuno? Deriva da un non meglio precisato “complotto”? Quest’ultimo passaggio permette di fare alcune precisazioni – doverose – sul già richiamato articolo di Pecchioli. Questi, nel presentare l’Agenda del 2030 sullo sviluppo sostenibile – qualificata come inganno per approdare ad un sistema neo-feudale, di rigido controllo totalitario – si dimentica di ricordare due personaggi di non poco conto: un convinto negazionista climatico come Donald Trump – già presidente degli Stati Uniti che come potenza economica e industriale non scherza, nonostante la concorrenza della Cina – e l’attuale presidente del Brasile Jair Bolsonaro che non tollera critica alcuna di fronte allo scempio della foresta amazzonica.

La visione di Pecchioli è tipicamente complottista: tutto, secondo lui, è dovuto al disegno del “partito di Davos”, cioè ad una ristretta élite di capitalisti, banchieri e finanzieri che si muovono con il preciso obiettivo di soggiogare il mondo, per approdare ad una sorta di Medioevo prossimo venturo. Pecchioli non dice cosa pensa di Trump e Bolsonaro e non chiarisce se un’emergenza ambientale esista nel mondo indipendentemente da Agenda 2030, con tutte le contraddizioni ed i ritardi effettivi – dei governi dei vari paesi aderenti – nel porre un argine ai collassi degli ecosistemi. Per essere davvero benevoli, la posizione di Pecchioli al riguardo va qualificata come profondamente ambigua.

Ma non abbiamo bisogno alcuno di ricorrere ad un approccio simile o analogo a quello supportato da Pecchioli: i saggi di un economista come Joseph Stiglitz, Premio Nobel 2001, aperto sostenitore del movimento Occupy Wall Street, hanno messo in luce, con ampia messe di dati e cifre, che la ricchezza del mondo tende a concentrarsi in gruppi sempre più ristretti di capitalisti; mentre Il capitale nel XXI secolo, di Charles Picketty, diventato in breve tempo un best-seller, ci ha reso edotti – grazie anche ad un excursus degno della migliore tradizione storico-storiografica francese – sulla reale controparte della grande massa di donne ed uomini che popolano il Pianeta. Insomma, non siamo o non siamo tutti appartenenti a quel presunto popolo bue, che sarebbe facile ingannare, secondo quanto Pecchioli vuole darci ad intendere.

In gioco è la sopravvivenza dell’umanità e la vita nel Pianeta. Contrariamente a quanto pensano coloro che legano la prospettiva di una rigenerazione dell’ambiente a fondamentalismo, ad essenzialismo o a esagerate “fissazioni” di Wwf, Legambiente e forze green variamente articolate – o, peggio, ai discorsi ingannatori del “partito di Davos” – esistono studi atti a dimostrare che una riconversione produttiva e generale in chiave ecocompatibile è ormai un’esigenza legata alla vita della Terra ed alla sopravvivenza dell’Umanità. Leggere, per credere, le eloquenti e documentate pagine di David Wallace-Wells, Una storia del futuro, La Terra inabitabile (Mondadori, Milano, 2019). Un magnate come Bill Gates si presenta come ambientalista ma, in questa dimensione, la realtà dei movimenti di base è fatta di ben altra pasta.

 

Quinto Tiberio Angelerio, medico calabrese impegnato ad Alghero nella lotta alla pestilenza del 1582-83. Quanto all’ombra sinistra ed incombente della dittatura farmaceutico-sanitaria e tecnologica che taluni vedono nelle misure adottate dai governi contro il Covid-19, è essenziale rammentare almeno l’insegnamento di una notevole personalità: quella del medico di origine calabrese Quinto Tiberio Angelerio; chiamato dalla municipalità di Alghero per fare fronte alla pestilenza imperversante in città nel 1582-83, fece imporre, fra l’altro: il distanziamento fra le persone; l’isolamento dei malati e dei quartieri colpiti per evitare nuovi contagi; accorgimenti per limitare il più possibile i contatti durante le messe ed i riti per malati e defunti; l’uso della stufa a secco per non bruciare gli indumenti, ma per avere la sicurezza di una loro sterilizzazione; grazie a queste ed a tante altre misure da lui proposte ed adottate (in tutto furono 57), la peste non si propagò a Sassari ed in altre città della Sardegna (come si sarebbe invece verificato, stante l’inosservanza di analoghe decisioni, nel 1652-57). Non bisogna dimenticare che le norme propugnate da Angelerio provocarono la reazione di un gruppo di commercianti algheresi i quali cercarono di assassinarlo: fortunatamente essi non conseguirono l’obiettivo desiderato.

Ad Angelerio si devono: Ectypa pestilentis status Algheriae, stampata nel 1588; Epidemiologia, pubblicata dopo la sua chiamata come medico alla corte madrilena di Filippo II (fu operante anche con Filippo III; si veda quanto ha scritto in proposito Antonio Budruni, in Storia di Alghero, vol. II, Il Cinquecento e il Seicento, Edizioni del Sole, Alghero, 2010). Recentemente l’azione di Angelerio ha meritato un servizio della Bbc.

 

Il grande illuminista lombardo Pietro Verri e la peste milanese del 1630. In secondo luogo, va posto in rilievo quanto sosteneva Pietro Verri: nel suo Osservazioni sulla tortura, egli esaminava le vicende poi approfondite da Alessandro Manzoni nella Storia della colonna infame (sull’azione degli untori nella presunta circolazione e diffusione della pestilenza nella Milano del Seicento): il grande illuminista lombardo chiariva che le processioni, da tanti invocate – ed effettuate – contro la peste contribuivano alla sua propagazione; allo stesso tempo, quei decreti raccomandati a suo tempo da medici e scienziati (come Angelerio, si deve aggiungere) avrebbero potuto contribuire, se non ad arrestare, a contenere la crescita del morbo stesso. Di Milano nel 1630, Verri scrive: “[…] tutta la città immersa nella più luttuosa ignoranza si abbandonò ai più assurdi e atroci delirj, malissimo pensati furono i regolamenti, stranissime le opinioni regnanti, ogni legame sociale venne miseramente disciolto dal furore della superstiziosa credulità, una distruggitrice anarchia desolò ogni cosa, per modo che le opinioni flagellarono assai più i miseri nostri maggiori di quello che lo facesse la fisica in quella luttuosissima epoca. Si ricorse agli astrologi, agli esorcisti, alla Inquisizione, alle torture, tutto diventò preda della pestilenza, della superstizione, del fanatismo e della rapina, cosicché la proscritta verità in nessun luogo poté palesarsi” (P. Verri, Osservazioni sulla tortura, a cura di Silvia Contarini, Rizzoli, Milano, 2006, riproposto in un unico volume con Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, Fabbri, Milano, 2006, pp. 148-149; vedilo anche in Edizione nazionale delle opere di Pietro Verri, vol. VI, Scritti politici della maturità, a cura di Carlo Capra, Osservazioni sulla tortura (1776-1777), Nota introduttiva e testo a cura di Gennaro Barbarisi, Commento a cura di Loredana Garlati, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2010, p. 48).

 

Conclusioni. In definitiva, tesaurizzare gli insegnamenti di medici come Angelerio, di scienziati e di intellettuali come Verri, è solo un primo passo per fronteggiare il Covid ed anche le depistanti prospettive formulate dai complottisti: c’erano anche loro, con terrapiattisti, antisemiti e razzisti d’ogni risma, nella massa di manovra aizzata da Trump per dare l’assalto a Capitol Hill.

Un nodo che non va certo eluso riguarda lo stop ed il silenzio che ai tweets del presidente americano – con 88 milioni di followers – è stato imposto dai colossi della comunicazione. In tempi e con modalità diverse sono intervenuti – contro le “balle spaziali” di Trump – Twitter, Facebook, Instagram, Twitch, Snapchat, Apple e Google. Ciò ha dato vita ad un forte dibattito: si tratterebbe di una censura?

Il fatto è che la conversazione globale, in rete, è regolata da norme di amministrazioni private che non devono rendere conto del loro operato ad autorità politiche superiori. Quindi un potere reale sul dibattito pubblico viene esercitato da privati, con dati ed algoritmi più o meno segreti: ma tutto ciò riguarda, inevitabilmente, la tenuta della democrazia! Bisogna tuttavia segnalare che una forte presa di coscienza è emersa con il Digital Services Act della Commissione europea.

In definitiva, si vuole qui richiamare l’attenzione su quanto ha opportunamente sostenuto padre Antonio Spadaro su “Civiltà cattolica” (rivista di cui egli stesso è direttore) del 6-20 febbraio 2021:  di fronte alla rilevanza sociale, pubblica, di sicuro impatto sulla democrazia, della conversazione globale nelle piattaforme private – che controllano contemporaneamente infrastrutture, mercato pubblicitario, idee, contenuti, notizie e soprattutto gli stessi utenti – si rende urgentissima un’educazione digitale, a partire dalle nuove generazioni. Si tratta di creare forme di tutela, la più estesa vigilanza ed una crescente consapevolezza collettiva, in grado di approdare a scelte etico-politiche il più possibile condivise.

In ogni caso, quando la stabilità istituzionale e democratica viene messa a rischio dall’artata diffusione di fandonie, con ricadute eversive, è indispensabile che il potere politico intervenga con decisione anche su colossi e monopoli della sfera digitale (quest’ultima ed analoghe considerazioni mi sono state suggerite da un colloquio con l’amico Gian Nicola Cabizza).

 

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