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SARDIGNA NON EST ITALIA, di Salvatore Cubeddu
Posted By cubeddu On 13 dicembre 2020 @ 12:13 In Blog,Chi siamo,Economia sarda,Istituzioni sarde,Politica sarda,Questione sarda | Comments Disabled
L’Isola resta senza recovery fund. Quindi, dall’Italia non è previsto che la Sardegna ‘recuperi’: Sardi: arrangiatevi! E allora? Arrangiamoci, prendiamoli in parola!
L’Isola resta senza recovery fund. Letteralmente significa “fondo di recupero” ed è chiamato anche “Next Generation Eu”. È la positiva, e per molti versi grandiosa, risposta dell’Europa all’emergenza causata dalla pandemia da Covid-19. In Italia normalmente si utilizza il primo nome, perciò il titolo di apertura dell’Unione Sarda (9 dicembre 2020) e l’articolo vanno letti nel senso che non è previsto nei progetti delle autorità italiane che la Sardegna possa ‘recuperare’ alcunché dai 209 miliardi di euro disponibile per l’Italia. Per gli Italiani sì, per i Sardi no. Non per gli abitanti delle nostre poche città e neanche per i cittadini dei tanti paesi della Sardegna.
Se tutto venisse confermato, dovremmo prendere atto che per l’Italia non è prevista la soluzione del problema dei collegamenti esterni della Sardegna né il miglioramento di quelli interni (trasporti, porti, …), confermando l’esclusione delle linee del metano riconvertibile domani in condotta per l’idrogeno. Nel nostro caso l’Italia non si curerà del rinnovamento delle strutture civili come previsto in altre regioni, né della riconversione delle produzioni secondo le tematiche ecologiche e nemmeno seguendo gli spazi aperti dalle nuove tecnologie digitali. Quando chiuderà la Saras (perché chiuderà o saremo costretti a chiuderla in qualche modo noi quando, dopo i Moratti, gli avventurieri che seguiranno la sfrutteranno all’osso mettendo in pericolo il golfo e la stessa città di Cagliari). La Sardegna non avrà più un’industria e l’edilizia finirà di occupare un territorio dove i Sardi saranno sempre di meno e i forestieri, in versione di “dominanti” (continentali e cinesi) e di “disperati” (dall’estremo oriente e africani), saranno sempre di più.
Questo è possibile perché negli ultimi quarant’anni abbiamo perso tutto quello che, seppure discutibile, era stato costruito nei primi trenta della vicenda autonomistica. Ora arriviamo al punto di fare i conti con le amare verità sulla situazione della nostra economia, delle nostre istituzioni, della nostra cultura e della società sarda tutta.
Quindi: dall’Italia non è previsto che la Sardegna ‘recuperi’. Con l’Italia noi non stiamo in Europa. “La patria” non prevede la nostra quota di finanziamento (4-6 miliardi di euro se contasse la percentuale formata dalla popolazione sarda che ora partecipa dello stato italiano). Sardi: arrangiatevi!
Poiché non abbiamo la vocazione autolesionista di farci harakiri, andiamo a ragionare su quanto procede nel dibattito proposto all’opinione pubblica e iniziamo a confrontarci sul da fare.
Cominciano ad arrivare le informazioni, si prospettano proposte (parte della classe dirigente cagliaritana vorrebbe i soldi per la propria piazza sul lungomare identificandola con l’interesse della Sardegna); si fanno piani di risanamento ed intervento ambientale; da ieri si conosce un documento sindacato-imprenditori (finalmente!) da troppo tempo silenti. Finché si conosce, ci si documenta e si discute va bene. E poi?
Bisognerà decidere. Siamo di fronte, nudi e vulnerabili, di fronte al futuro. Con le lacune del passato e un difficile presente misurarci con alla domanda: quale Sardegna immaginiamo, progettiamo, decidiamo? E’, semplicemente questa, LA DOMANDA.
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