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Giampaolo Poddighe (1948-2020): una vita per il teatro, di Federico Francioni

Posted By cubeddu On 10 settembre 2020 @ 05:18 In Blog,Cultura e Scuola,Persone | Comments Disabled

Dagli studi liceali alla vocazione per il teatro – Gli esordi della carriera – Con Tino Buazzelli e Giorgio Albertazzi – A Sassari per Sa die de sa Sardigna – Protagonista  – Tournées all’estero – Commiato.

Dagli studi liceali alla vocazione per il teatro. È mancato recentemente a Sassari Giampaolo Poddighe, alle spalle una lunga carriera di attore professionista, ricca di soddisfazioni, di significativi e meritati riconoscimenti. Nonostante ciò, si manteneva schivo e riservato, ben lungi dall’assumere atteggiamenti boriosi.

Nato a Viterbo nel 1948, Giampaolo compie a Sassari gli studi liceali:  la nostra lunga, consolidata amicizia è nata proprio nel Liceo Ginnasio “Azuni”, di cui oggi è preside Roberto Cesaraccio, cugino di Giampaolo. La fine dei nostri anni scolastici, in particolare, era sempre accompagnata dal prorompere di un senso di liberazione che si manifestava in interminabili partite di calcio, dal primo pomeriggio alla sera, nelle traverse tra viale Caprera e viale Mameli – presso l’abitazione dello stesso Giampaolo e di altri comuni compagni di scuola come Gianfranco Solmona – oppure nel cortile di Piazza d’Armi.

Anche in anni recenti, chiedevo a Giampaolo – in questo (e non solo) davvero insuperabile – di imitare la voce e le movenze, durante le lezioni, di Francesco Santoni, nostro docente di Storia e Filosofia del Liceo classico, che mi aveva comunicato i primi interessi per quell’indirizzo di studi.

Finito il Liceo, la vita di Giampaolo si avvia verso una svolta, una scelta nettamente diversa da quella mia e di altri suoi / nostri coetanei come Pasquale Deruda e Andrea Dessì Fulgheri. Con Pasquale non avevamo dubbi sulla necessità di iscriverci in una Facoltà di Lettere; più incerto, almeno in un primo momento, Andrea (nipote dello scrittore Giuseppe Dessì) che eccelleva sia nelle discipline umanistiche che in quelle scientifiche. Giampaolo non aveva dubbi: avvertiva già la vocazione per il teatro. Questa si era manifestata nella cornice del Quartiere Cappuccini, presso casa sua, nell’attività animata dal compianto regista Giampiero Cubeddu e nel Cut (Centro universitario teatrale).

 

Gli esordi della carriera. In seguito, Giampaolo superava l’apposita, difficile selezione e veniva ammesso a frequentare l’Accademia d’arte drammatica “Silvio d’Amico” di Roma, dove suoi eminenti maestri erano Orazio Costa Giovangigli, Giorgio Pressburger e Luca Ronconi. Questi lo dirigerà poi in una storica trasposizione di Quel pasticciaccio brutto di via Merulana, dall’omonimo romanzo di Carlo Emilio Gadda; ho avuto modo di vederlo personalmente e di applaudire Giampaolo al Teatro Argentina di Roma; insieme a lui recitava, fra gli altri, Loredana Solfizi – valente attrice che ha calcato le scene dei più importanti teatri italiani – diventata compagna della sua vita. Di quell’evento ricordo anche Corrado Pani: si troverà di nuovo con Giampaolo ne I fratelli Karamazov, da Fëdor Dostoewskij, prodotto dal Teatro di Roma.

Dopo il diploma, conseguito nel 1973, Poddighe viene subito chiamato da Giorgio Strehler al Piccolo Teatro della città di Milano, dov’è fra gli interpreti della brechtiana Opera da tre soldi: protagonista è Domenico Modugno. Stiamo parlando, sembra quasi superfluo aggiungerlo, di uno spettacolo che ha contribuito in misura determinante a scrivere la storia del teatro (non solo italiano).

 

Con Tino Buazzelli e Giorgio Albertazzi. Dal 1976 al 1980, Giampaolo   fa parte della compagnia diretta da un maestro come Buazzelli col quale gira per tutta la penisola; recita, fra l’altro, ne Le allegre comari di Windsor di William Shakespeare, ne La bottega del Caffé di Carlo Goldoni e in Candidato al Parlamento di Gustave Flaubert: spettacoli realizzati da registi di notevole spessore come Maurizio Scaparro.

Nel 1981-82, Poddighe è diretto dal già ricordato Pressburger in Amadeus di Peter Shaffer al Teatro di Roma. Con Albertazzi recita ne Il padre di Carl Strindberg, prodotto per la Rai.

 

A Sassari per Sa die de sa Sardigna. Un’intensissima attività non gli ha mai fatto dimenticare la sua, la nostra Sassari: nel 1984, al Teatro Verdi, è protagonista della prima italiana assoluta de La serra (regia di Lorenza Codignola), uno dei testi graffianti e radicali del drammaturgo inglese Harold Pinter, Premio Nobel per la letteratura nel 2005 (nel 2003, Poddighe viene diretto da Furio Bordon, in L’amante, dello stesso Pinter). Negli anni Novanta, in un memorabile spettacolo per Sa die de sa Sardigna (28 aprile) – che “invade” le vie di Sassari fino a Piazza Tola – ricopre, sotto la direzione del già ricordato Cubeddu, il ruolo di Giovanni Maria Angioy, leader dei moti antiassolutistici ed antifeudali sardi scoppiati nel 1793-96.

 

Protagonista. Dopo una stagione al Teatro stabile del Friuli Venezia Giulia (1985-86), passa al Teatro Biondo (stabile di Palermo), dov’è protagonista nella tetralogia di August Strindberg: Casa bruciata, Guanto nero, Sonata di fantasmi e L’isola dei morti. Con la stessa compagnia recita in Una cosa di carne e Il delirio dell’oste Bassà, di Rosso di San Secondo (regia di Roberto Guicciardini, stagioni 1990-91 e 91-92).

Nell’estate del 1996, in Sicilia, sulla spiaggia di Gela, è protagonista nell’Orestea di Eschilo, diretta da Giuseppe Dipasquale. La stagione 2002-2003 lo vede ancora protagonista in Delirio a due di Eugène Jonesco e in Finale di partita di Samuel Beckett; nella stagione successiva lavora in Girotondo di Arthur Schnitzler (sempre con la regia di Pietro Carriglio; ho con me i programmi di sala pubblicati allora, ricchi di documentazione fotografica).

 

Tournées all’estero. Nel 2000 ha interpretato a Teheran Lo straniero, tratto dall’omonimo romanzo di Albert Camus (una produzione del Teatro stabile di Parma); nel 2004 si è recato a Danzica per lo shakespeariano Molto rumore per nulla, allestimento derivante da una singolare versione dello scrittore siciliano Andrea Camilleri (che ha creato il notissimo personaggio del commissario Salvo Montalbano). Allo stesso autore si deve La concessione del telefono, adattato per il teatro con la regia di Dipasquale e rappresentato con grande successo di pubblico al Teatro Eliseo di Roma: un altro momento in cui ho avuto modo di applaudire personalmente Giampaolo.

Di lui va ricordata infine non solo la partecipazione a tante altre qualificanti produzioni teatrali, ma anche cinematografiche e televisive (cfr. Gian Paolo Poddighe attore, on line; F. Francioni, la “voce” sullo stesso artista, in La grande enciclopedia della Sardegna, Aggiornamenti 2008, a cura di Francesco Floris, Editoriale La Nuova Sardegna, Sassari, 2008).

 

Commiato. Mi mancheranno tantissimo le lunghe conversazioni con Giampaolo, nel suo appartamento sassarese di viale Mameli, oppure le passeggiate sotto i tigli presso le ville liberty del Quartiere Cappuccini. Si parlava di grandi eventi o di episodi minori nella storia del teatro italiano, dalle prove di maestri come Sarah Ferrati, Glauco Mauri, Salvo Randone, Mario Scaccia (per fare solo alcuni esempi) che avevo visto al Teatro Verdi (o altrove, dal “Lirico” di Milano al “Fraschini” di Pavia), a quelle degli attori con cui aveva lavorato. Ultimamente, l’amico mi parlava dettagliatamente, alla luce delle approfondite conoscenze derivanti dalla sua qualificante carriera, della grave crisi del teatro, antecedente del resto l’emergenza sanitaria del Covid-19: crisi economico-finanziaria, di progetti, accentuata dal mancato ricambio con le nuove generazioni, rimaste senza prospettive.

Con Giampaolo condividevo inoltre la passione per il teatro lirico, in particolare per le opere di Verdi. Si discuteva anche della Shoah, di momenti e figure nella storia della lotta all’antisemitismo, su cui si aggiornava e mi aggiornava sempre. Invidiavo anche le singolari capacità artistico-espressive dell’amico nel mettere a punto, su polistirolo, quadri originali, fra l’astratto ed il figurativo, con variegate e non scontate cromature. Era diventato esperto anche nel restauro di oggetti d’antiquariato come i cavallini a dondolo.

Nel momento in cui, profondamente commossi, ricordiamo l’amico Giampaolo, un forte, fraterno abbraccio va alla sua amata compagna Loredana, nonché a Sandro, fratello di Giampaolo, stimatissimo medico sassarese.

 

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