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Per cumbessias e muristenes. In cammino da Nora a Lula nel segno della devozione a Sant’Efisio e San Francesco, di Giuseppe Deiana’

Posted By cubeddu On 10 giugno 2020 @ 14:35 In Blog,Cultura e Scuola,Persone,Religioni | Comments Disabled

La Sardegna è terra di chiese campestri, feste religiose dedicate a martiri e santi, fede e devozione. Le strade più trafficate oggi evitano ai più gli antichi santuari, rimasti vuoti quest’anno a causa del coronavirus, che ha bloccato anche manifestazioni religiose e sagre che segnano il calendario nell’Isola. Francesco Calledda (nella foto), da tutti conosciuto come Zigheddu, 82 anni, aritzese, ex maratoneta e pellegrino nell’animo, tanto da percorrere ogni anno migliaia di chilometri a piedi, una volta concluso il lockdown, ha voluto tenere fede al voto fatto il 3 maggio mentre seguiva la diretta televisiva di Videolina sul pellegrinaggio (quest’anno piuttosto fugace) di Sant’Efisio a Pula. «Andrò da Nora a San Francesco di Lula», disse in un messaggio inviato ai conduttori della trasmissione, Paolo Matta e Ambra Pintore, unendo così in un unico percorso i due cammini religiosi che si tengono in Sardegna tra il 30 aprile e i primi di maggio, in Barbagia, e a Cagliari per la grande festa dedicata al Martire gloriosu.
Il viaggio
Il 22 maggio di buon mattino, armato del suo bastone in ferula, Zigheddu ha battuto tre colpi sulla porta della chiesetta di Nora, nel luogo dove avvenne il martirio di Sant’Efisio. Segno della croce, credenziale alla mano fatta firmare dal parroco di Pula, mentre sportivi e persone appesantite dalla quarantena forzata raggiungevano le rovine dell’antica città romana per una salutare camminata mattutina, il pellegrino più famoso della Sardegna ha iniziato la sua nuova avventura con la prima tappa: 36 chilometri sotto un sole già estivo lungo l’asfalto fino a Cagliari. Tra ciminiere e banchine per le petroliere, fenicotteri che incredibilmente stanno a pochi passi da industrie chimiche e il traffico della 195 ormai tornato alla sua dimensione normale, Zigheddu ha percorso indomito la prima tappa di un cammino che unisce fede e speranza.
I santi dell’Isola
Da Nora a Lula non ci sono soltanto Sant’Efisio e San Francesco. Tanti nomi riaffiorano lungo le tappe di una devozione che ancora oggi ha lasciato segni visibili nelle antiche strade di campagna che si riempivano di gioia e carri per le feste attese un anno intero. Da Cagliari a Ussana, poi Sanluri, Lunamatrona, Barumini, Gesturi, Laconi, Gadoni e poi Aritzo, Fonni, Orani e Sarule, Nuoro e San Francesco di Lula. In passato, Zigheddu ha già compiuto questo percorso portando l’immagine sacra di Sant’Efisio fino alle pendici del Montalbo di Lula, incrociando nel suo cammino amministratori e religiosi che a Laconi ad esempio gli hanno chiesto di portare in Barbagia anche un segno della devozione per Sant’Ignazio da Laconi. E poi, quando la strada inizia a inerpicarsi per le montagne dell’Isola, con alle spalle un pensiero per fra Nicola da Gesturi, a Gadoni una tappa spontanea diventa la chiesa di Santa Marta. «Durante questo periodo il Papa celebrava messa ogni mattina da Santa Marta, la stessa santa a cui è dedicato il santuario di Gadoni. Mi è sembrato normale fermarmi lì per una preghiera», racconta, lui che qualche anno fa Bergoglio lo ha incontrato per davvero. Cinque minuti che Zigheddu, ex bancario in pensione, ricorda con commozione: «Si è fermato a parlare con me dopo l’udienza in Vaticano a cui venni invitato al termine di uno dei miei pellegrinaggi, dedicato quella volta alle 27 porte sante aperte nell’Isola. Feci oltre mille chilometri da Nord a Sud della Sardegna. Chiesi a Bergoglio di mettere una firma sulla pergamena che mi avevano appena consegnato e lui: “Non è un assegno, vero?”, mi disse. “No, Santità, neanche una cambiale”, risposi. Dopo mi chiese di pregare per lui e io feci altrettanto».
Il cammino
Episodi che riaffiorano durante il pellegrinaggio. Ai compagni di viaggio Zigheddu racconta le 55 maratone corse da New York a Roma e Faenza e i tanti viaggi a piedi da Roma ad Assisi, a Padova, a Pietralcina, fino alla commozione provata dopo il terremoto a San Giuliano (dove il sisma provocò il tragico crollo di una scuola). Sulle salite ripide che portano alle cime del Gennargentu, rievoca le antiche storie del suo paese, i passaggi di mano dei terreni che nei secoli hanno visto alternarsi padroni di Aritzo, ecclesiastici e desulesi. Il racconto dei giovani coscritti che da lì andavano verso Lanusei per la leva. Poi lo sguardo va verso la cima del Monte Gonare, prossima meta, passando dalla chiesa dei martiri di Fonni.
Il canto
L’arrivo a Gonare, dopo il transito per il santuario di Sa Itria, in territorio di Gavoi, e l’ascesa verso i mille metri della cima del monte che prende il nome dal giudice Gonario II di Torres, avviene mentre la pioggia inizia a bagnare gli ultimi scalini di pietra. La chiesetta edificata in granito molti secoli fa è aperta per i pellegrini e mentre si attende che smetta di piovere, Zigheddu intona il “Deus ti salvet Maria”. Da solo, canta. Un omaggio, un segno spontaneo della devozione mariana che tenta di sminuire dicendo: «C’è una bellissima acustica qui». Ma i brividi non sono dovuti solo all’effetto sonoro.
Da lì la discesa verso Nuoro passa per l’antico percorso che da Orani portava verso il capoluogo della Barbagia, toccando il santuario dello Spirito Santo e la chiesetta rupestre di San Sebastiano, mai finita.
L’ultima tappa
Il decimo giorno di cammino inizia puntuale alle 6 di domenica mattina dalla chiesa del Rosario, rione Santu Predu a Nuoro. Zigheddu non è solo. Sono arrivati amici e parenti da Aritzo, Orosei, Cagliari. Hanno saputo che il pellegrino avrebbe percorso la strada di San Francesco e non sono voluti mancare, anche in quest’anno in cui la festa è stata sospesa. Ci sono anche gli ex priori Stefano Flamini, Elia Floris e Antonella Chessa. I priori attuali, Bastiano Succu e Sara Spina attendono nel santuario campestre dove la comitiva arriva puntuale alle 12.30. Niente assembramenti, come da ordinanza, ma una preghiera dedicata a San Francesco e tanta commozione con un augurio: “Atteros annos menzus”. Un caffè, un biscotto e il timbro sulla credenziale mettono fine al pellegrinaggio. L’emozione rimane, così come resterà il ricordo dell’ennesimo cammino, dopo Santiago, dopo la Francigena. Ognuno ha il suo fascino e il suo significato. Quello concluso domenica è un messaggio di speranza per il ritorno a una vita normale.
Giuseppe Deiana

L’Unione Sarda, 7 giugno 2020

 

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