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La speranza dell’uomo in Dio e la speranza di Dio nell’uomo. Breve percorso nell’Evangelo, di don Mario Ledda, rettore della chiesa di San Lorenzo in Cagliari

Posted By cubeddu On 12 aprile 2020 @ 08:48 In Blog,Chiesa sarda,Religioni,Senza categoria | Comments Disabled

Cari amici, il nostro desiderio di ritrovarci insieme a celebrare la Pasqua nella nostra chiesa non è stato esaudito: ci dovremo accontentare di seguire le celebrazioni davanti alla TV dove in qualche modo saremo comunque uniti nella preghiera. Allora… come augurio per questa strana Pasqua vi invio alcune riflessioni sul mistero della Speranza.

Prima di tutto sfogliamo alcune pagine, alcuni testi.

1.- La speranza dell’uomo in Gesù.

Un esempio tra tanti: Mc 10,46-52 – E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!” Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!” Allora Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!” E chiamarono il cieco dicendogli: “Coraggio! Alzati, ti chiama!” Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: “Che vuoi che io ti faccia?” E il cieco a lui: “Rabbunì, che io riabbia la vista!” E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.

D’altro canto, in negativo, vedi: Lc 24,21 – Noi speravamo… [il verbo sperare coniugato al passato...!]

2.- La speranza di Dio Padre nella natura umana

Mc 1,12-13 – Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano.

Mt 11,25-27 – In quel tempo Gesù disse: Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.

Mt 18,19-20 – In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro.

 

3.- La speranza di Gesù

Mc 1,16-20 – Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”. E subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

Mc 2,14 – Nel passare, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Egli, alzatosi, lo seguì.

Mc 6,13-19 – Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo….

Lc 19,1-10 – Entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua. In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: È andato ad alloggiare da un peccatore! Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto. Gesù gli rispose: Oggi la salvezza è entrata in questa casa,…

Mt 10,35 – 11,4 – Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità. Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe! Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello;… Anche nell’invio finale:

Lc 24,44-48 – Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto.

Mt 28,16-20 – Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. A questo punto è bene ricordare quanto imparato al catechismo della Prima Comunione: la SPERANZA è virtù teologale, cioè infusa da Dio nel cuore dell’uomo al momento del Battesimo. Non è quindi primariamente, fontalmente esercizio spirituale autonomo dell’uomo (come magari le virtù cardinali). è accoglienza di un dono che ha altra provenienza, altra fonte, e quindi altra natura. L’uomo è chiamato, a vivere con lo stile di Dio. (Idem per la carità). Ma il Dio di Gesù Cristo ha agito e agisce dentro la carne viva della storia: possiamo noi vivere la SPERANZA teologale con il naso puntato al cielo? (Ricordate gli angeli dell’ascensione…). E a questo ‘stile’ di Dio cerchiamo di dare uno sguardo.

Alcune riflessioni.

1.- Siamo nati a Pentecoste. Quel giorno i doni messianici (la Parola, l’Acqua, lo Spirito) sono riversati non solo sui Dodici, ma tramite essi sono per una marea di ‘diversi’, puntigliosamente elencati da Luca. Il metodo di Dio contempla l’esistenza dell’altro, e il suo rispetto a qualunque costo.

2.- La pagine delle Scritture pullulano di ‘diversi’ e di ‘stranieri’ che non solo hanno fede, ma che hanno qualcosa da insegnare sia ai discepoli di Mosè che ai discepoli di Cristo, e senza che si facciano necessariamente condiscepoli di quelli:

  • · MELKISEDEC benedice Abramo e scompare
  • · il CENTURIONE a detta di Gesù ha una fede come nessuno in Israele
  • · IETRO insegna a Mosè
  • · i MAGI, pagani e lontani, sono i soli a riconoscere il Re; e poi scompaiono
  • · BALAAM benedice Israele suo malgrado
  • · la CANANEA è dipinta da Marco nella sua rimarcata alterità etnico/culturale
  • · CIRO il persiano, è detto “Messia” da Isaia.
  • · il SAMARITANO è di ripugnante eterodossia religiosa.
  • · Si aggiungano gli inaccettabili testimoni del Natale (i PASTORI) e della Pasqua (le DONNE).

 

3.- Ma Dio è così. Creando il mondo, crea una alterità con la quale entrare in relazione:

  • · la creazione è parola divina rivolta a chi è diverso, è altro da Dio
  • · è creare la possibilità di dire un ‘tu’
  • · la possibilità di pronunciare un nome, diverso dal proprio. C’è onestamente da chiedersi quanto di questo metodo divino sia penetrato nel tessuto del nostro vivere la fede, sia di singoli credenti che come Ecclesìa.

 

4.Nella Pentecoste di Giovanni (la sera stessa della Risurrezione) i discepoli “si trovavano insieme nello stesso luogo”. Sono un gruppo una comunità: ma coagulato da quale forza? Tenuto insieme da quale forza di coesione? Il Vangelo è impietoso nella sua cruda chiarezza: “per paura”, forza ancestrale della storia umana. Di più: paura di che cosa o di chi? Paura degli ‘altri’, dei diversi da sé.

Il loro Maestro andò decisamente verso gli altri e per gli altri, a qualunque prezzo. · Essi sprangano la porta di fronte agli altri.

 

5.- Il peccato di fondo, fondante o originale, è · la divisione dall’altro, · il non riconoscimento della alterità, · l’auto-sufficienza e l’ego-centrismo che non prevede per l’altro presenza significativa nel mio spazio: · Adamo non lascia spazio a Dio, · Caino non lascia spazio ad Abele, · e così via fino a noi. Quell’antica compagna di viaggio, cui diamo il nome di paura, sembra non lasciare luogo che allo scontro o alla assimilazione: nessuna chance alla speranza. E’ problema di oggi, o un dato di sempre? Non so.

6.- Questo è il peccato che si deve estirpare. Questa è l’opera compiuta dal Crocifisso-Risorto [che non per nulla esibisce insistentemente le sue piaghe, prezzo del riscatto: "Dalle sue piaghe siamo stati guariti"].. Questo è il compito della comunità dei credenti.

7.- Ma: attenzione ancora a Gv 20. La tecnica di estirpazione del peccato non è quella giudiziaria – raramente frutto di speranza – ma quella della remissione, del perdono, dell’abbraccio offerto all’altro: questo, sì, proveniente dalla speranza. Se il credente, la Chiesa, non agisce così, il peccato resterà nella storia non rimesso, e seguiterà a marcare il confine tra l’altro e me, quale granitico e non rimosso cherubino e fiammeggiante spada di genesiaca memoria.

8.- E’ faticoso esercitare la speranza teologale, perché è difficile riconoscere nell’altro le vie infinitamente variate di Dio. Eppure l’altro – proprio nella sua diversità da me – dovrebbe essere oggetto di stupore, lode e meraviglia: nella sua alterità si rispecchiano l’alterità e la trascendenza di Dio stesso. [Che altro vuol dire “Qualunque cosa farete a... l'avrete fatta a me” ?]. Se pretendo di assimilare a me l’altro, finirò con il voler assimilare a me Dio.

9.- Lo shalom, la pace consegnata dal Risorto alla Ecclesìa è ben più di un saluto: è un insopportabile gravame di responsabilità, dolorosa faticosa ma ineludibile. Sì: si tratta proprio di dolore e di fatica. Perché · c’è più fatica a riconoscere la presenza viva dell’altro, che a ignorarlo · c’è più dolore, più croce a fare spazio alla diversità, che a organizzare l’omologazione. Questa è la SPERANZA che Dio ha nell’uomo.

 

 

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