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Cosa ci sarà dietro l’Angolo! di Benedetto Sechi

Posted By cubeddu On 12 marzo 2019 @ 07:09 In Blog,Politica sarda | Comments Disabled

Il Presidente Solinas dovrebbe interrogarsi e magari stupirci, dimostrando che non saranno i milanesi o i romani a dettare ancora l’agenda sarda.

DIBATTITO sull’attualità politica e  sul futuro governo della RAS. Interviene Benedetto Sechi, già sindacalista della Cisl e dirigente della Lega delle Cooperative, a Sassari. I precedenti articoli sono usciti su questo sito  il 3, 5, 9 , 10 marzo. NdD).


Cosa ci sarà da aspettarsi da questa nuova stagione politica e dal nuovo governo della Sardegna?

Come sardo e come uomo di sinistra, pessima miscela le due cose, sarei portato ad essere ipercritico e pessimista.

Ma vorrei sforzarmi di ribaltare questa mia propensione e fare considerazioni basate non sulla sensibilità epidermica, bensì su un ragionamento quanto più possibile realista e legato ai fatti, che probabilmente confermeranno il mio pessimismo.

Intanto parliamo dell’alleanza che ha vinto le elezioni. Si tratta, indubbiamente di un fatto inedito, la presenza preponderante della Lega (già Lega Nord o Lega Salvini Presidente). E’ innegabile che si tratta di un centro-destra, che con l’alleanza del P.S.d’Az. (mi scuserete se non utilizzerò l’aggettivo sardisti, ormai attribuibile anche ad altre formazioni politiche e più in generale ai sardi con aspirazioni di autogoverno), dovrebbe far fare un salto di qualità alle politiche per l’isola.

Inutile nasconderci però,  che la presenza ingombrante del capo della Lega, e di fatto del governo italiano, nella campagna elettorale sarda, ha pesato e nascosto, qualora ve ne fossero stati, i temi legati alla Sardegna, al suo sviluppo, alle riforme costituzionali all’autonomia e all’indipendenza, alla devoluzione di poteri reali, alla revisione delle politiche fiscali.

La riedizione del sovranismo italiano, sposato dal nuovo corso leghista, che ha permesso a questo partito fortemente compromesso, di uscire dall’angolo in cui era cacciato, è stata la colonna sonora della contesa elettorale sarda.

Dietro lo slogan “Prima i sardi”, coniato però anche per i veneti, i lombardi i siciliani e così via, emergevano temi soliti, buoni a tutte le latitudini, che i Tg e i talk show, ci propinano giornalmente: no all’immigrazione, più sicurezza pubblica e privata, no all’Europa matrigna (un tempo sarebbe stata solo l’Italia).  Poco o nulla sulla autodeterminazione. Si ha l’impressione che anche questa volta, forse più di altre volte, l’avere a Roma un “governo amico”, potesse essere sufficiente.

Genericamente i vari ministri, fiondati in Sardegna, agitavano temi quali: “per il turismo allarghiamo la stagionalità”, “miglioriamo il sistema dei trasporti”, miglioriamo il sistema sanitario ed altre ovvietà, che anche noi ci ripetiamo da anni.

Nel contempo prendono il volo per Milano gli aerei della ex Meridiana, già Alisarda, oggi Air Italy, abbandonando Olbia e la Sardegna e costringendo tecnici ed operatori ad emigrare.

Il sistema portuale sardo, resta saldamente nelle disponibilità del Ministero delle Infrastrutture, le competenze in materia di pesca ed acquacoltura, in quelle di Bruxelles e del Ministero delle Politiche Agricole, così come la gestione delle coste, delle Aree Protette,  compresi parchi  e aree marine, che restano di stretta competenza del Ministero dell’Ambiente.

Con perizia, i comizianti italiani, si sono tenuti lontani dalle aree industriali come Porto Torres, che ridotta ai minimi termini, dopo il disimpegno di Eni, e l’avvio della cosiddetta chimica verde, mai realmente decollata, attendono, come altre zone massacrate dall’industria pesante, nate negli anni 50/60, di essere finalmente  bonificate.

L’unica nota che ha caratterizzato, per tema di interesse regionale, la campagna elettorale sarda l’hanno introdotta i pastori, costringendo a far parlare l’Italia e l’Europa della Sardegna e di un comparto che, nonostante i problemi, resta uno dei capisaldi della nostra economia.

Questo tema resta irrisolto ancora oggi, nonostante il recente accordo siglato, non presso il ministero competente, ma presso la Prefettura di Sassari, a dimostrazione che il governo italiano lo ha assunto più come problema di ordine pubblico che come problematicità di una filiera produttiva.

Sembrerà strano, ma sono i temi nazionali italiani che hanno dominato e fatto vincere queste elezioni alla aggregazione di centro destra.

Strano perché il candidato a Presidente è il segretario del P.Sd’Az. e lo stesso partito ha avuto una discreta affermazione, ma non possiamo certo dire che sia stato egli il protagonista della campagna elettorale, che invece ha un solo nome, Salvini!  Il presidente, di fatto, del governo italiano.

Troppo ghiotta era l’occasione, per il capo della Lega, di poter vincere in Sardegna, terra con una forte identità,  l’unica riconoscibile per il popolo che la abita.

Per Salvini, la vittoria in Sardegna è un lasciapassare che gli consente di portare a casa soprattutto la battaglia per l’autonomia fiscale di Veneto e Lombardia.

Intendiamoci, nulla a che fare con la folkloristica secessione di bossiana memoria, ne con l’indipendentismo declamato, ma non troppo, dal PSd’Az.

Si tratta, quella delle regioni del nord, di una intelligente operazione che pur consentendogli di restare attaccati alle mammelle dell’Italia, suggendo il massimo possibile, accresce i benefici che gli derivano, dalla loro posizione geografica. Il tutto senza mettere minimamente in discussione il nuovo sovranismo italiano.

 

Qualcuno in Sardegna si è appassionato perfino al tormentone TAV si TAV no! Ma che c’entriamo noi? Noi che non abbiamo continuità territoriale degna di questo nome? Noi che siamo la regione dove i suoi abitanti fanno il maggior uso dell’automobile, perché abbiamo collegamenti interni, urbani ed extra urbani inaccettabili  per  tariffe, tempi di percorrenza e costi ambientali!

Ma torniamo alla mia ormai evidente retorica domanda iniziale. Ma allora che dovremmo aspettarci? Sarei portato a dire poco e nulla, se non ci rimbocchiamoci le maniche, alziamo il livello di attenzione, per evitare di restare ancora ai  margini e, soprattutto, non ci diamo da fare, facendo leva sulle nostre capacità ed intelligenze, rilanciando i temi dell’autogoverno e con decisione, una politica che modifichi sostanzialmente l’impianto istituzionale dello Stato.

Ma non mi pare che si intraveda la volontà di percorrere questa strada. Il sovranismo italiano, al quale la Lega, la destra e  il centrosinistra, soprattutto quello di stampo renziano, sono fortemente affezionati, farebbe a pugni con il perseguimento dell’indipendentismo del PSd’Az o di forme di federalismo auspicate  da qualche parte a sinistra.  Nessuno in Sardegna, tranne le liste o i partiti che si ispirano al tema dell’autodeterminazione, ma che sono state battute nella campagna elettorale, sembra concretamente interessato ad una nuova stagione di riforme costituzionali e se lo facessero, sarebbe in senso di rafforzare il centralismo statale.

Ciò detto però auspicherei almeno che il nuovo Presidente dimostrasse carattere e competenze.

Il suo partito nella storia ha veleggiato a destra e a sinistra, ha avuto tra le sue fila, fin dalla sua nascita, il meglio della intellettualità sarda, alla prova del governo però ha sempre mostrato penuria di bravi amministratori. Ha schierato spesso una classe dirigente più attenta a contrattare poltrone che ad emergere per idee e competenze, tranne le dovute eccezioni s’intende.

A differenza dei partiti fratelli della Val D’Aosta o del Sud Tirolo, non ha mai goduto di una vasta fiducia dei sardi. Su questo il Presidente dovrebbe interrogarsi e magari stupirci, dimostrando che non saranno i milanesi o i romani a dettare ancora l’agenda sarda. Saprà farlo? Saprà farlo adesso che si trova in una condizione ottimale,  che credo non abbia precedenti, governerà la Sardegna e contemporaneamente anche a Roma, il gruppo del senato di cui egli fa parte è denominato, infatti, leghista-sardista!

Mi aspetto questo, dopo le sue dichiarazioni di essere uno con la schiena dritta, che però in Sardegna ha anche una interpretazione malevola.

 

Porto Torres 9 marzo 2019

 

Benedetto Sechi

 

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