I Millennials spengono le luci della discoteca “Dimezzati i locali”, di Giacomo Galeazzi

Meno due milioni di ingressi di giovani tra 20 e 34 anni. Feste private e social network stravolgono la movida. Classifica. Il record negativo è della Calabria dove solo il 17% dei giovani va a ballare almeno una volta all’anno. In Val d’Aosta è il 26%. Il volume d’affari in Italia è sceso dal 2008 del 18,1%. Dal 2008 gli incassi sono diminuiti del 18,1%. E’ la nemesi della discoteca: da principessa a Cenerentola. In Italia, fino al 2005, sui locali da ballo era fondata l’economia della notte, poi il declino.

 

Negli ultimi 15 anni le discoteche sono crollate nel numero (da 5mila a 2800) e nel volume d’affari (dagli 8 miliardi di euro annui del 2002 ai 5,3 miliardi di oggi). E così, nel paesaggio urbano, si stagliano come relitti da riconvertire, navi da smantellare dopo un naufragio. Sono i Millenials a «tradire» la discoteca, secondo l’ultima ricerca Fipe-Istat Rispetto al 2008 i giovani dai 20 a i 24 anni che vanno a ballare almeno una volta all’anno sono diminuiti di 342mila unità, quelli dai 25 ai 34 anni di 939mila. L’imprenditore salentino Maurizio Pasca ha locali a Gallipoli, l’unica area del Paese in cui le discoteche reggono l’onda d’urto della crisi.

Dal 2011 è il presidente del Silb, l’associazione delle imprese di intrattenimento ed è in prima linea contro l’abusivismo. «La crisi riguarda le discoteche non il ballo, anzi si balla ovunque: circoli, ristoranti, ville private e masserie e ciò sottrae 2 miliardi all’anno di fatturato ai locali classici che pagano il 45% di tasse, incluso il 22% di Iva sul biglietto d’ingresso».

L’economia della notte è sempre meno basata sulla discoteca: pesano in maniera crescente, discopub, stabilimenti balneari aperti tutta la notte, live club, circoli, eventi “one night”: un complesso che fattura 70 miliardi di euro all’anno e dà lavoro, in maniera stabile o temporanea, a oltre 1,5 milioni di persone «Il 90% di queste attività non ha le imposte che tagliano le gambe ai gestori di discoteche». A tenere in piedi i classici locali sono i flussi turistici, soprattutto dall’estero. Nell’82,4% dei casi, la presenza di discoteche è centrale nella scelta dei turisti. Il 60% del fatturato «deriva da clienti non residenti sul territorio, con un indotto per le località di vacanza di 5,5 miliardi di euro». A sottrarre pubblico alle discoteche è anche il boom della musica dal vivo che negli ultimi tre anni ha registrato una crescita di oltre il 10%, sia in termini di nuove aperture sia di pubblico. dati alla mano, solo a Milano si sono persi in dieci anni mille posti di lavoro nelle discoteche. «Oggi la maggior parte dei nostri clienti sono giovanissimi (16-20 anni), è quasi scomparsa la fascia dei 25-40 anni, cioè il segmento di clientela che fino a 15 anni fa era prevalente», osserva Pasca. Oggi Francesco Sabbatini Rossetti ha tre discoteche sulla costiera marchigiana dopo aver diretto per dieci anni la Baia Imperiale, locale storico della Riviera romagnola. «La recessione economica è una scusa scontata, la verità è che noi addetti ai lavori non siamo stati in grado di rinnovare il prodotto-discoteca che è rimasto identico a quello degli anni 90», riconosce Rossetti.

Nel campo, aggiunge, «mancano forze fresche e gente preparata». Infatti, «l’idea sbagliata di buttarsi in un lavoro divertente ha fatto avvicinare investitori improvvisati che non ottengono successo ma fanno gravi danni al settore». Rimini e Riccione sono lo specchio della decadenza. «Non esistono locali se non quelli nati negli anni 70 e 80», sottolinea Rossetti. E cioè «strutture vecchie, non al passo con la tecnologia che in Europa ha riqualificato i club». Perciò in tutta Italia «i locali aperti rispetto ad anni fa sono la metà della metà ma chi lavora bene, riesce a resistere».

Inoltre «qui la stagione ormai è limitata ai mesi di luglio e agosto, mentre a Ibiza si apre l’ultima settimana di maggio e si chiude la prima di ottobre». Il punto, chiarisce Rossetti, è che «la gente non ha più bisogno di luoghi per socializzare, oggi basta una chat su WhatsApp, semmai servono eventi alta qualità: i ragazzi non hanno più voglia di andare tutti i weekend a ballare ma cercano grandi eventi ai quali valga la pena partecipare». A Roma Antonio Flamini rappresenta i gestori. «La mancanza di controlli ha penalizzato le attività regolari a favore di quelle abusive, non autorizzate per il ballo e che non pagano la Siae». Nei 150 locali della capitale, dunque, «diminuiscono le serate di apertura, per sostenere i costi».

 

la stampa 21/05/2017

 

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