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«Contro lo spopolamento dobbiamo fare da soli», di Nando Buffoni.

Posted By cubeddu On 17 gennaio 2016 @ 07:26 In Blog,Città e comuni della Sardegna,Cultura e Scuola,Economia sarda,Identità,Istituzioni sarde,Lavoro,Politica sarda,Questione sarda | Comments Disabled

La proposta: “il Miracolo” riunisca I Bittesi.

Cara Direttore,

come ho cercato di dire nella nota pubblicata ne Il Miracolo nel numero scorso, lo spopola­mento di Bitti non è un fenomeno isolato ma interessa un numero molto ampio di Comuni dell’Isola. Le cause dello spopola mento sono molteplici e non tutti i centri che hanno iniziato o che continuano a spopolarsi sono riconducibili alla medesima tipologia. Il caso di Bitti, a mio modesto parere, appartiene a una tipologia specifica non comune in Sardegna, seppure non isolata.

 

Le politiche di sviluppo della Unione Euro­pea poggiano su due’ pilastri: quello urbano, cui viene attribuito un ruolo portante e quello rurale. Purtroppo, le azioni a sostegno di questi pilastri non solo non sono coordinate ma appare evidente che le città avranno attenzione e sostegno notevolmente superiore rispetto a quello assegnato alle aree rurali. Questo è quanto si sta profilando anche per la Sarde­gna con la creazione della Città Metropolitana che contribuirà ad accrescere gli squilibri nel territorio, pur se Comuni in spopola mento

della provincia di Cagliari avranno maggiore attenzione e opportunità di crearsi “nicchie”, se le comunità avranno la capacità di sfruttare le opportunità che verranno create nella Città Metropolitana.

 

In mancanza di una visione e, conseguente­mente, di una strategia adeguata a ribaltare o anche ad attenuare il fenomeno di spopola­mento che interessa in varie dimensioni ben oltre la metà dei Comuni della Sardegna, non resta – al momento – se non quello di “muoversi da soli”. È chiaro che senza la partecipazione diretta e il coinvolgimento delle comunità, i paesi non si salvano e, come sta già verificandosi, la semplice partecipazione, senza coinvolgimento attivo, rischia di non essere sufficiente. È in tale contesto che la tua idea – per me geniale – di coinvolgere tutti i Bittesi, la maggior parte dei quali residenti all’esterno, cioè “emigrati”, ad “adottare” il paese per cercare di creare sinergie per evitare che, come si dice, scom­paia come è successo a Dure. E questa mia breve nota vuole manifestare il consenso pieno mio personale e della mia famiglia sparsa in Europa. Aggiungo, al momento, qualche breve commento, con l’intento di stimolare idee sul metodo per organizzarci.

 

Da quanto ho potuto già verificare in molte conversazioni che ho avuto con amici e cono­scenti compaesani che vivono a Sassari, l’idea di “adottare” Bitti è stata accolta molto bene e si sta pensando di costituire un “comitato” per cercare di definirla e portarla avanti. Si sta pensando di informare tutti i compaesani per riunirci a gennaio e iniziare a raccogliere idee e proposte che invieremmo a un, chiamiamolo così per ora, “Comitato Centrale” che tu ti starai occupando di costituire intorno al Miracolo.

 

Intanto, per prima cosa, sarebbe molto utile, anzi necessario, sapere che cosa ne pensano i residenti, gli studenti, gli anziani, gli operatori delle categorie economiche presenti in paese. Potrebbero anche esserci delle sorprese.

Sarebbe opportuno chiarire a che cosa si mira con l’idea di invitare i Bittesi che vivono “fuori: ad “adottare” il paese. E sarebbe importante in un contesto più ampio chiedere agli studenti (delle superiori soltanto?) quale percezione hanno del loro paese, se vorrebbero viverci, o ritornarci una volta completati gli studi e a “quali condizioni”. Se può essere utile, una volta che il preside (come si chiamava una volta) lo consenta, mi renderei disponibile – insieme ad altri – a spiegare agli studenti il processo di spo­polamento che si sta manifestando anche a Bitti, e come l’iniziativa de Il Miracolo possa essere uno strumento utile per contribuire a frenare i disagi che lo spopola mento determina.

In questo progetto possiamo individuare due fasi. Una prima, che consiste nel vedere come si può frenare – o compensare – la riduzione della popolazione e una seconda, quali interventi potrebbero essere adottati, concretamente, per ricreare un processo di crescita.

Naturalmente, una volta che questa iniziativa si concretizzi, idee e proposte progettuali che richiedano sostegno pubblico andranno indi­rizzate agli amministratori perché ne portino avanti l’attuazione, una volta che ne sia stata accertata la fattibilità.

“L’adozione” può essere uno strumento molto utile per sensibilizzarci, renderci disponibili e impegnarci “a fare qualcosa”. Ite? Alcune idee, per il momento, las mantentzo in sa butzacca. Qualche altra, che è stata lanciata da amici la posso indicare. Un raduno di Bittesi, provenienti da tutto il mondo, ogni due anni, accompagnato da eventi, ad esempio: premio letterario di racconti sulla loro emigrazione e integrazione nei paesi che li hanno accolti. Questo genere potrebbe essere esteso ad altri settori oltre a quello letterario. Un altro esempio: molti di noi nella loro vita di emigrati hanno raccolto stru­menti interessanti, anche – legalmente – reperti archeologici che sarebbero disposti a donare a un eventuale, chiamiamolo “museo”, che eventualmente si potesse creare a Bitti, accom­pagnando il reperto con una descrizione di come è stato acquisito (dal “dente” di capodoglio che nelle isole Fiji veniva usato come moneta, alla lancia dell’altopiano dell’Etiopia utilizzata per uccidere leoni da un vecchio pastore, a reperti pre colombiani dell’America Centrale).

Naturalmente, gli eventi che a Bitti sono già stati lanciati brillantemente e che esercitano un forte richiamo, vanno non solo sostenuti ma potenziati.

Questa dell’adozione” è una idea nuova che coinvolge noi Bittesi in prima persona e che dovrebbe avere una ricaduta su Bitti soprattutto, ma non solo, se saremo capaci di attuarla.

Dovremmo anche fare in modo di conoscere in quale modo quei paesi europei che hanno avuto successo abbiano operato per ottenere addirittura un ripopolamento e vedere se misure simili siano applicabili anche da noi. In questo modo potremmo dare un contributo anche ad altri centri che in Sardegna presentano problemi simili al nostro.

Come ci organizziamo? Per quanto riguarda la Sardegna non dovrebbe essere molto difficile. Un volta che l’idea venga accolta a Bitti, penso che con messaggi su Facebook, posta elettronica e annunci sulla carta stampata – naturalmente Il Miracolo - e anche nelle televisioni locali, riusciremo a raggiungere un buon “mercato” che consentirebbe di prendere contatti e coordinarsi. Come accennato, sono dell’avviso che essendo l’idea, partita da Bitti, da te, cara Direttore de Il Miracolo, questo debba essere il Centro di Coordinamento (chiamatelo come più vi aggrada) di questo progetto.

Con stima e apprezzamento

Nando Buffoni

 

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